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Il Sars-CoV-2 ha messo in difficoltà un po’ tutto il mondo. Ci siamo trovati in pochissimo tempo nel bel mezzo di una pandemia che ha impattato violentemente a qualsiasi livello produttivo e sociale, in un modo del tutto nuovo per intere generazioni.

In uno scenario confuso e a tratti grottesco, si sono mossi in modo molto goffo moltissimi imprenditori. Certo tanti hanno saputo reinventarsi, hanno saputo cogliere spunti ed opportunità e tanti ancora, spero lo faranno da qui in avanti. Tuttavia rimane una scuola di pensiero ancora molto – troppo – salda, quella di coloro che pensano ancora di poter vivere alla giornata, senza un piano di business sul lungo termine e soprattutto, senza investire nelle infrastrutture.

Nella vita mi occupo di informatica nel senso più ampio possibile e so bene che ci sono una infinità di contesti e sfumature legati all’imprenditoria, che mi sono del tutto oscuri. Ma per quel che riguarda l’IT penso di essere nella posizione di poter dire la mia: per questo parlerò riferendomi specificamente alle infrastrutture tecnico-informatiche.

Spendere poco per avere molto

Una delle cose che mi lascia sempre perplesso quando ho a che fare con i clienti – o parlo con colleghi del mio settore – è la quantità di aziende che non si fanno alcun problema a spendere letteralmente milioni di euro in attrezzature ed immobili, ma accusano svenimenti improvvisi quando c’è da mettere due lire nell’IT.

Ho visto aziende con macchinari da centinaia di migliaia di euro, rifiutare preventivi a tre zeri. Di recente ho avuto a che fare con un imprenditore che ha passato l’intera prima telefonata di contatto a decantare l’esclusività del suo business internazionale, salvo poi sparire alla vista di un preventivo da meno di mille euro. Mi piacerebbe pensare che forse quelli che vedo io siano solo casi isolati, ma purtroppo non è così e lo testimoniano gli scambi di esperienze ed opinioni con svariati miei colleghi.

Quello che non si vuole capire è che l’informatica oggi costa poco. Questa affermazione è relativa e non certo assoluta, ma è sotto gli occhi di tutti come ormai soluzioni ICT di altissimo profilo (dalle piattaforme cloud alle licenze per la produttività) costino poco. Spesso per una PMI è possibile ad accedere ad enormi upgrade infrastrutturali, spendendo meno di diecimila euro. Si potrebbe obiettare che sia una cifra ragguardevole, ma così non è e vi spiego perché.

Prima di tutto, se il target è una piccola-media impresa, si può ragionevolmente pensare che il fatturato annuo (pandemie a parte) si muova almeno un ordine di grandezza sopra. In secondo luogo, se ad oggi è necessario un investimento di tale portata, è sicuramente dovuto alla totale e assoluta mancanza di investimento negli ultimi – almeno – cinque/dieci anni.

A questo si aggiunge che gli aggiornamenti in termini di computer, reti, software e sistemi operativi portano enormi vantaggi in termini di produttività e abbattono i costi di manutenzione.

Spesso mi trovo a lavorare su infrastrutture talmente zoppicanti, che i costi di manutenzione “istantanea” per tamponare i problemi superano di gran lunga i costi che si dovrebbero sostenere per sostituire in blocco il dispositivo in questione (PC, stampante, router etc.). In particolare, questi ambienti, presentano malfunzionamenti cronici che si traducono in alti costi di gestione.

Per quel che riguarda la produttività, lavorare su workstation – siano essi notebook, PC o server – di ultima generazione, aggiornati e soprattutto VELOCI, aumenta notevolmente la produttività personale e aziendale. Tradotto significa che ci vuole meno tempo a parità di attività.

Se poi si aggiunge un pizzico di innovazione, è facile utilizzare il tempo risparmiato per attivare nuove funzionalità, sviluppare nuove idee e – magari – ampliare il business.

Cambiare, in fretta

L’altro aspetto che trovo assai buffo è l’approccio istantaneo ai problemi delle infrastrutture IT. Il cliente è generalmente convinto che, siccome il problema è legato al mondo dell’informatica, la soluzione sia semplice ed istantanea. Nella maggior parte dei casi non ci sono “pezzi” da sostituire, non c’è un riscontro fisico dimostrabile, quindi il fatto che serva tempo per intervenire è visto quasi con disappunto.

Quando – allo stesso modo – si combinano hardware e software, le latenze possono allungarsi e bisogna mettere in conto che anche noi abbiamo dei fornitori e che tali passaggi gerarchici introducono ulteriori tempi di attesa. Esattamente come succederebbe con un ricambio per l’automobile.

Questo pezzo si posiziona a metà tra uno sfogo e una riflessione, alla luce dell’attuale situazione e basandomi su una serie di esperienze dirette, da cui sempre traggo spunto per gli articoli del blog. Ma penso sia importante che queste scuole di pensiero cambino, possibilmente in fretta.

BedoLabs.it di Ing. Lorenzo Bedin - Consulenza IT